L’8 maggio 1947, al largo de Ca’ La Bricola n.21 a Venezia, la rete a strascico di Luigi Robelli si incaglia in un baule legato a due macigni che contiene il corpo di Linda Cimetta, 45enne originaria di Vittorio Veneto, titolare del Caffè Vittoria di Belluno. La raccapricciante vicenda, tratta dagli atti processuali conservati all’Archivio di Stato, è raccontata in tutti i suoi dettagli nel libro dal titolo “Il delitto Cimetta”. Un migliaio di fogli ingialliti che raccontano la lunga storia processuale che portò alla sbarra Bartolomeo Toma, commesso di tabaccheria e il gondoliere Luigi Sardi. Se ne occupò nell’ordine, il Tribunale militare straordinario di Padova nel ‘47, la Cassazione nel ‘49, la Corte d’Assise di Venezia nel ‘50, ancora la Cassazione nel ’51, la Corte d’Assise d’Appello di Venezia nel ‘52, ancora la Cassazione nel ’53, la Corte d’Assise d’Appello nel ’55 e la Cassazione nel ‘58. La verità processuale è chiara, i due complici sono colpevoli. Ma ci sono due colpi di scena degni di un noir nascosti tra le carte esaminate dall’autore, che fanno traballare la certezza dei tribunali. L’epilogo della storia, inoltre, non fa che rafforzare il mistero, che tale resterà. Toma, con una condanna all’ergastolo confermata nei vari gradi di giudizio, nel 1960 riuscirà ad evadere dal penitenziario dell’Isola di Santo Stefano e di lui non si saprà più nulla. Sardi, che ottiene uno sconto di pena per seminfermità mentale e si proclamerà sempre innocente, esce dal carcere nel 1980 e uccide il maresciallo di polizia Senisi. Sarà nuovamente rinchiuso e morirà nel 1983 fuori di senno continuando a ripetere “ero innocente”.
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